Finestra con vista  (autoritratto)

Su di me

Non ho mai amato il bel dire. Amo la letteratura, apprezzo la poesia, ma, da sempre, ad emozionarmi sono le stagioni della natura e della vita, i colori, i suoni e i profumi che ci avvolgono sia quando a manifestarsi è la serenità della dolce stagione sia quando la natura si rivela in tutta la sua terribile maestosità. La vita, le sue tracce sul corpo e sul viso degli uomini che raccontano della gioia e della fatica di vivere sono significanti a cui amo riferirmi per scoprire i significati che mi fanno vibrare il cuore…

È naturale che a scuola fossi più attratto da quelle discipline che mi consentivano di indagare questo meraviglioso mistero della vita in vece delle discipline umanistiche che trovavo più astratte. Così nella comunicazione preferivo il linguaggio analogico al verbalismo letterario. Perciò, a quattordici anni fui indirizzato verso il liceo scientifico ed infine per l’università scelsi una facoltà scientifica, la biologia, scelta che apprezzo ancora oggi perché amo il mio lavoro di biologo e di docente di matematica.

Durante gli anni di scuola, al liceo, ho imparato a riprodurre capitelli e colonne, chiese e monumenti, scoprendo tecniche efficaci per restituire sulla carta le meraviglie dell’arte architettonica, utilizzando solo una matita.

Ed è la matita lo strumento del mio primo, vero, quadro: il ritratto della nonna. Che emozione veder via via comporsi quel caro viso fortemente segnato dal tempo e illuminato da un perenne, dolce sorriso, appena abbozzato e dallo sguardo sereno!

Cominciavo a sentire molto forte il disagio di non conoscere le tecniche pittoriche, di non aver gli strumenti di riprodurre luci, colori, espressioni, così come i miei occhi dipingevano la realtà che ammiravo.

Alla fine decisi, scelsi la tecnica che mi sembrava rispondere alle esigenze, la pittura ad olio, e feci il mio primo tentativo, un vaso con fiori: il risultato fu terribile.

Feci ulteriori tentativi: i tre esperimenti sul tramonto e poi l’alba.

La mano è ancora incerta ma i quadri hanno una buona efficacia emotiva.

Da allora sono diventato irrefrenabile ed ho dedicato alla pittura, tutti gli anni, le mie ferie estive, mettendo in pratica i suggerimenti di un architetto diplomato al Liceo Artistico, la Dr.ssa Ada Pisanello, che ringrazio.

La maggiore sicurezza nell’uso del pennello mi consente di affrontare temi tecnicamente più difficili: “L’Ulivo”, “I bacini di Ugento: l’autunno”, “Pomodori”, “Cesto di frutta.

I soggetti da me scelti sono stati scorci di paesaggi e ambienti del Salento: “Un vicolo a Sant’Antonio, “Gatto nel cortile”, “Fichi d’india”; gli affetti: la sorridente compagna e madre dei miei figli, mio padre in cena contadina, mia figlia Caterina colta nell’abbandono del sonno, mia figlia Chiara che suona il tamburello.

Ora, forse, sono pronto ad esprimere meglio le mie emozioni e in questi ultimi anni mi sono cimentato a cercare di raccontare sulla tela i sentimenti che mi animano nel momento in cui decido il soggetto dell’opera, come è avvenuto in “Ricordo felice” con il tenero e gioioso abbraccio di mio figlio Gabriele e mia sorella, “Contrasti architettonici per la salvaguardia dei beni culturali, la nascita di mia nipote Maria Sole, “L’impazienza”: io sono l’inquieto gabbiano che condivide le turbolenze delle onde e cerca nell’arte la catarsi che porta alla serenità.